4 Maggio 2020

Oggi l’Italia prova piano piano a ripartire dopo quasi 2 mesi di quarantena.


Vi confesso che mi spaventa questa ripresa dei rumori, questo vocio, questa invadenza della gente. Dopo tanto tempo, mi ero ormai abituata al silenzio della strada, al vuoto della piazza che aveva permesso a due gattini giocherelloni di prenderne possesso interamente la sera, scorrazzando e rincorrendosi.

Temo che la gente non capisca.

Provare a ripartire non significa essere liberi di creare capannelli, uscire senza un vero motivo, prendere i mezzi pubblici solo perché ti è stato impedito per tutto questo tempo. Ci vuole prudenza e intelligenza, ci vuole rispetto e civiltà. Perché se mai il “mostro” si dovesse rialzare, tutti i nostri sacrifici sarebbero vanificati.

Questo lockdown mi ha permesso di riflettere, di riconciliarmi con il tempo, di assaporare il piacere di vivere la famiglia nella sua totalità rispolverando vecchi giochi di società o lunghissime maratone di film in edizione integrale, della durata minima di 4 ore.

Ho avuto tempo di ascoltare mia figlia su tematiche non esclusivamente riguardanti la scuola, ho avuto la gioia di disporre del tempo di mio marito non solo la sera ma in qualsiasi ora della giornata. Ho ballato un romanticissimo “lento” una domenica mattina sulle note della nostra canzone preferita.

E di riprendere vecchie ricette scritte su ritagli di carta, di impastare, di mescolare e di gioire dei profumi dimenticati che si diffondevano in casa.


È giusto ripartire, è necessario ripartire, è obbligatorio ripartire ma è anche corretto non dimenticare questi 2 mesi in cui dolore, ansia, angoscia e dubbi ci hanno avvolto e travolto.

Stranamente proprio oggi non ho voglia di uscire…

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